Il Limite

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Chiunque sia nel mondo del football si sarà sentito rivolgere almeno una volta la fatidica domanda “Ma non è uno sport violento?”. Molto spesso non è nemmeno posta come domanda quanto più come asserzione.

Vari esperti di marketing al soldo di NFL e NCAA nel corso degli ultimi 50 anni hanno confezionato non poche chicche per contestare in maniera credibile questa critica. La più conosciuta è probabilmente quella che recita “il football è uno sport di collisione” la cui paternità è attribuita a Duffy Daugherty, mitico allenatore di Michigan State degli anni 70 (anche se in molti la attribuiscono a Vince Lombardi). Negli anni 80 la NFL era famosa oltre che per i vari Joe Montana e Joe Theismann, anche per colpitori del calibro di Ronnie Lott, Lyle Alzado, Jack Tatum, Joe Green, Randy White… gente che aveva fatto del targeting il proprio biglietto da visita e per le cui gesta la gente pagava il biglietto e balzava in piedi urlante. La lega negli anni ha modificato non poco le regole sugli impatti (anche per le note cause per danni cerebrali da parte degli ex giocatori) rendendoli – secondo molti – troppo molli. Casco contro casco, colpi sui giocatori esposti, sui QB… tutto proibito. Finalmente. Certo non è che adesso la NFL sia diventata un posto per educande. Anche se legalmente, un WR concentrato sul pallone in arrivo può sempre essere colpito sul corpo in piena velocità da un safety di un centinaio di chili. Un running back se la vede regolarmente con linebackers da 120 e defensive linemen da 130 e il loro scopo è fargli passare la voglia di correre, perchè il football è anche intimidazione. Uno dei più duri impatti nella NCAA dello scorso anno ha visto il DE di South Carolina Jadeveon Clowney separare il RB di Michigan Vincent Smith dal pallone e dal casco. La violenza del colpo è stata persino analizzata dal programma di ESPN Sport Science dove si è parlato della forza fisica generata, esaltando le qualità atletiche di Clowney (scelto al primo giro all’ultimo draft), ma non si è detta una parola sulla pericolosità di un tale impatto sul corpo di un essere umano. Tutte le TV hanno mostrato l’impatto centinaia di volte e Clowney ha persino ricevuto un ESPY, una specie di Oscar sportivo assegnato proprio dai giornalisti. Le televisioni si sa che amano i contatti eclatanti, perchè piacciono al pubblico. Chi non si ricorda la sigla che per molti anni ha annunciato il Monday Night coi due caschi che si scontravano ed esplodevano? Nonostante tutto la parola “violenza” non appare praticamente mai nel lessico dei commentatori sportivi americani, men che meno in quello di recruiters e allenatori che hanno il non facile compito di convincere le mamme di promettenti 15enni a giocare a football e non a basket. In Europa, dove si cresce col calcio in TV, le mamme si spaventano molto di piu quando capiscono che tipo di sport sia il football. Il lavoro dei dirigenti e dei coach delle sempre più giovani giovanili è rassicurare le signore che il loro “bambino” (spesso un pezzo di figliolo ben piu grosso di chi vi scrive) non si farà un graffio. Sapendo benissimo di mentire.

Perchè diciamoci la verità: possiamo girarci intorno finche vogliamo, ma molte di queste collisioni sono davvero violente. E senza essere cattivi insegnanti, tutti sappiamo che un placcaggio “morbido” o “molle” non funziona, ci vuole cattiveria, intensità… Esistono ben pochi allenatori di difesa che non abbiano mai basato il loro allenamento su un pò di sana “intensità”.

Quindi qual’è il limite? Quando la collisione passa dall’essere “intensa” o “dura” all’essere “violenta”? E qual’è il limite che poniamo nell’allenare? Fino a che punto chiediamo ai ragazzi “intensità”? Quanto li spingiamo oltre il loro limite? Quanto capiamo qual’è il loro limite, il punto in cui una persona non capisce più se è solo “intensa” o è diventata “violenta”? È particolarmente curioso che l’incitamento più comune durante un allenamento sia “DAI, DAI, DAI!!!” che in inglese diventa un più inquietante “DIE, DIE, DIE!” ovvero “muori, muori, muori!”, qualcosa che lascia sempre sbigottiti coach e giocatori americani alla primissima esperienza italiana. Ma al di la delle curiosità linguistiche, siamo veramente in grado di controllare quanta carica ci mettono i giocatori nelle collisioni? O ci va bene così? Perchè come abbiamo detto il football è anche intimidazione, quindi il mio giocatore magari rischia la flag, ma a me sta bene che gli avversari si preoccupino, vero? Quanti huddle dobbiamo ancora vedere rompersi al grido “GUERRA!”? Quanti giocatori dobbiamo ancora vedere esultare perchè han fatto infortunare un avversario (ne ho visto uno sabato sera)? Per quanto ancora dovrò conoscere giocatori che credono che tirar cascate sia il modo migliore di bloccare/placcare un avversario? Diatribe su punteggi, calendari, tie breakers, stranieri… ma non passa tutto in secondo piano quando ci sono DOZZINE di persone che ancora pensano che giocare a football sia un modo per menare le mani o sfogare le loro frustrazioni più profonde? Peggio ancora se certe cose si vedono nelle giovanili. Rendiamoci conto di quanto potere hanno gli allenatori su un ragazzo di 15-16 anni. Non a caso le recenti norme CONI equiparano le responsabilità di un allenatore a quelli di un insegnante di scuola. Gli allenatori sono un modello di comportamento. Con un po’ di carisma possono far fare qualunque cosa a un ragazzo. Pensiamoci prima di mettere la nostra giovanile in mano al primo che passa.

I recenti corsi allenatori della FIDAF puntano molto sull’argomento etica. Molta gente farebbe bene a partecipare a quei corsi, e magari ascoltare anche. Possiamo migliorare come movimento solo se miglioriamo come individui, giocatori, allenatori e dirigenti, nel rispetto di quello che è UN GIOCO per noi e come tale va approcciato ed insegnato. La violenza non deve avere accesso al nostro rettangolo di gioco, anzi, va sbattuta fuori! E con lei, chi la insegna. Ovviamente quando ci sono squadre conniventi il compito spetta prima ai direttori di gara e poi alla federazione. Gli strumenti per individuare i violenti in campo li abbiamo, non bastano i referti di una crew di 4 arbitri, ci vogliono i video. Le segnalazioni alla federazione di atti di violenza devono portare a sanzioni immediate ed esemplari, che sono l’unica cosa che i violenti capiscono.

Oltrepassiamo il limite dunque, ma quello dell’omertà.

Giorgio Sivocci

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